A cura del dott. Luigi Casiraghi
Intanto sfatiamo alcuni luoghi comuni:
Non è vero che le persone si
muovono nelle organizzazioni solo per soldi. La retribuzione è
senz'altro importante ma se fosse questa la vera ragione per cui le
persone lavorano allora nessuno lavorerebbe in ambiti dove si guadagna
pochissimo o addirittura nulla (ad esempio: servizi sociali e
socio-assistenziali e associazioni di volontariato).
Non è vero che
per motivare le persone basta dargli delle responsabilità. O almeno, non
è vero sempre! La percezione individuale dell'aumento di responsabilità
va di pari passo con le aspettative personali e con i propri progetti
di vita, che includono anche il mondo extra-lavorativo (Ad esempio: se
una promozione aumenta il mio status e, in parte la retribuzione, ma mi
fa stare a casa con i miei figli piccoli solo nei weekend, mentre prima
alle 17.30 tutti i giorni potevo stare con loro, allora non mi va più
bene!)
Non è vero che la motivazione è 'innata': o ce l'hai o non ce l'hai. Se
così fosse avremmo persone costantemente motivate e persone
costantemente non motivate rispetto al lavoro che svolgono. Tutti noi,
per esperienza diretta ed indiretta, sappiamo che non è così! Tutti
attraversiamo forti momenti di demotivazione ed altrettanti momenti di
spinta al fare, se non a volte entusiasmo nel fare il proprio lavoro.
Quando siamo particolarmente presi da qualcosa che stiamo facendo, ci
dimentichiamo dell'orologio, quasi perdiamo la cognizione del tempo. Non
è vero che se sono motivato allora sono anche soddisfatto (e
viceversa). O per lo meno la relazione tra questi due fattori non è
certo del tipo causa-effetto, e tantomeno di tipo lineare. Altrimenti
tutte le teorie scientifiche che hanno dimostrato che la motivazione
deriva sempre da un'iniziale stato di insoddisfazione avrebbero avuto
vita breve! Se ci pensate, dai bisogni primari (mangiare, bere, ecc.) a
quelli più sofisticati (status, riconoscimento sociale, ecc.) ogni volta
che ci muoviamo è perché ci manca 'qualcosa'! Tanto che quando il
legame tra 'percezione del bisogno - stato di insoddisfazione - azione
per soddisfare il bisogno stato di soddisfazione' si rompe, finiamo
nel campo delle patologie sociali e/o psichiatriche: tutti i
comportamenti di tipo compulsivo (bulimia, cleptomania, megalomania, in
genere tutte le cosiddette dipendenze patologiche, ecc..) nascono
dall'aver rotto questo legame, attraverso l'attribuzione, più o meno
consapevole, di un diverso significato all'atto in sé (del mangiare, del
possedere, del piacere, ecc.). 'Il fatto che tra motivazione e
soddisfazione non si dia relazione deterministica evidenzia inoltre
quanto possano essere differenti i mondi organizzativi che si
determinano in funzione dell'intreccio tra queste due variabili (fig.
9), orientandosi: alla rinuncia (bassa motivazione e bassa
soddisfazione);
all'adempimento (bassa motivazione e alta soddisfazione);
alla sfida (alta motivazione e bassa soddisfazione);
al coinvolgi mento (alta motivazione e alta soddisfazione).
Dal
canto suo, il concetto di clima organizzativo (altrimenti definito come
atmosfera psicologica, umore, morale) riassume le percezioni e le
immagini degli individui in termini di positività e 'benessere' delle
relazioni interne. Benché clima e motivazione rappresentino due ordini
di fenomeni nettamente distinti, non si può escludere che vi sia tra
essi una profonda e reciproca influenza. Più precisamente: la
motivazione individuale (e in particolare la motivazione sostenuta da un
equo sistema di ricompense) può essere considerata un predittore di un
buon clima organizzativo;
un buon clima è condizione indispensabile
per sostenere e promuovere la motivazione individuale (e in particolar
modo la motivazione al successo). In sintesi, la relazione tra
motivazione e clima è di tipo bidirezionale: i vissuti individuali
positivi contribuiscono a incrementare la spinta motivazionale, la
quale, a sua volta, in virtù dei risultati ottenuti, alimenta vissuti
organizzativi positivi e dunque un clima migliore. Anche alla luce di
questa considerazione sarebbe tuttavia ingenuo pensare di ottenere un
miglioramento della motivazione facendo leva esclusivamente sul clima
organizzativo.
Chiarite le possibili aree di sovrapposizione tra i
concetti di motivazione, soddisfazione e clima, e ribadita la necessità
di operare precise distinzioni tra essi, la nuova frontiera del tema
motivazionale ci sembra possa essere ritrovata nel percorso che conduce
gli individui, nella relazione con l'organizzazione, dal poter essere
parte (membership) al voler fare più della propria parte (engagement)
In
questo senso, lo sviluppo motivazionale è possibile sostanzialmente in
termini di progressiva interiorizzazione della motivazione stessa. E il
processo di interiorizzazione non può prescindere dal riconoscere la
rilevanza della dimensione del significato accanto a quella puramente
'energetica' della motivazione
Prima che un mondo di motivi, forze e
bisogni, la motivazione è un mondo di significati che orientano razione
finalizzata in funzione di ciò che per ciascuno ha più senso e dà più
senso nella relazione con l'organizzazione. D'altro canto, costruire
significati, dare senso all'esperienza di lavoro, all'appartenenza
organizzativa, allo sviluppo professionale e a una storia personale che
sappia esprimere una positiva, compiuta e ricca relazione con
l'organizzazione, non è possibile se non passando attraverso la scelta
di investire tutto ciò di apprendimento.
Dobbiamo così riconoscere
come tra i molti significati associati alla motivazione, alcuni si
confermino, proprio nella prospettiva delineata dagli sviluppi della
teoria organizzativa, come più pregnanti e per un certo verso
'vincenti': sono tutti quegli aspetti che ritrovano nella motivazione il
significato più proprio della passione per ciò che si fa, della ricerca
dell'eccellenza, della vocazione al cambiamento, della disposizione a
implicarsi e coinvolgersi profondamente. In altre parole, di quella che
potremmo definire la voglia di fare 'al meglio' delle proprie
possibilità.
G. P. Quaglino -Clima e Motivazione - F. Angeli 2010.