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TEMPO DI VINO NOVELLO

A cura del Cavaliere Carlo Aguzzi Sommelier



Un antico proverbio afferma che “per San Martino ogni mosto è vino”. In effetti tanti anni fa era consuetudine – da parte dei contadini – spillare dalla botte il vino dell’ultima vendemmia, costretti non tanto dalle mode ma piuttosto dalla necessità di approvvigionamento. In una economia agricola così povera il vino della vendemmia precedente era già stato consumato e non restava altro che sopperire alla bisogna con quest’ultimo vino, ancora giovane e acerbo. E’ risaputo che fino agli anni sessanta del secolo scorso il vino era considerato un alimento e non un complemento.  Poi vennero alla luce prima i beaujolais francesi e successivamente i novelli italiani, ultima espressione di una moda favorita da un mercato sempre più dedito alla ricerca di novità, di sfiziosità e particolarità. Il novello si basa sulla macerazione carbonica, messa a punto da un francese, Michel Flaury, direttore del centro enologico di Narbonne che nel 1936 riprese certe intuizioni di Pasteur. La macerazione carbonica consiste nel deporre l’uva intera in recipienti chiusi in modo che il mosto che si sviluppa in una atmosfera satura di anidride carbonica non viene intaccato da muffe o altre alterazioni. Si ottiene così una fermentazione intracellulare che conferisce maggior brillantezza al vino, dona sapore morbido e pronta maturazione, nonché aromi più delicati e fini. La differenza tra il beaujolais francese ed il novello italiano consiste principalmente nelle uve. In Francia si utilizzano esclusivamente uve del vitigno Gamay e si produce solamente nella zona del Beaujolais. In Italia non vi è limite per le uve, si impiegano diversi vitigni, spesso miscelati e si produce novello praticamente dall’Alto Adige alla Sicilia. Ma il novello non è una invenzione recente: sono venuti alla luce antichi reperti che testimoniano come nell’Italia centrale si producesse “Vin Murato”. Un vino che fermentava in vasche di pietra a tenuta stagna, murate appunto, in modo che l’aria non vi potesse penetrare durante il processo di fermentazione. Come gustare il novello? Anzitutto va detto che si tratta di un vino che non ammette invecchiamento. Va bevuto entro alla primavera successiva alla vendemmia perché oltre non regge la prova del tempo. Si accompagna a piatti tipicamente autunnali ed invernali: salamino cotto, trippa, risotto con i funghi, costolette alla milanese, bolliti, frittura di salsiccia e cipolle. E nelle sere d’inverno, accanto al camino acceso ed in buona compagnia, è l’ideale accompagnamento per le calde e croccanti caldarroste
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