A cura di Cav. Carlo Aguzzi Sommelier
Nell’ottocento un personaggio famoso nell’ambiente della gastronomia lombarda affermò in un pranzo ufficiale “cotoletta, così dicono coloro che mangiano e parlano alla francese. Chi parla italianamente dice costoletta!”.
Certamente il termine è antico: da secoli si conosce la preparazione di carne impanata. Il termine deriva da costoletta (costola di vitello da latte) che, nella lingua francese, si chiama cotolette. Ecco spiegate le due versioni. Tuttavia la dizione esatta dovrebbe essere costoletta.
Si racconta che il maresciallo Radetzhy , governatore per oltre venti anni del regno Lombardo Veneto, fosse un vero intenditore di cucina. Non per nulla, quando andò in pensione, non si trasferì nella capitale austriaca ma rimase a Milano fino alla sua morte. E si dimostrò un ghiottone della cucina lombarda. E’ risaputo che adorava gli gnocchi e la bistecca impanata (per amante aveva una stiratrice lombarda che, oltre a dargli quattro figli, lo deliziò in cucina con invitanti manicaretti)
Dicevamo della bistecca impanata. Costoletta alla milanese o wienerschnitze austriaca? Questo è il dilemma. Entrambe sono fatte di carne impanata e fritta ma la costoletta austriaca può essere fatta, oltre che con la carne di vitello, anche con la lonza di maiale e fritta, anziché nel burro, nello strutto. Si sostiene che la costoletta viennese sia stata la capostipite, in considerazione dei lunghi anni di dominazione austriaca in Lombardia, magari attingendo da alcune ricette boeme. I fautori della tesi che la costoletta sia di origine “italiana” si affidano nientemeno che allo stesso Radetzhy, il quale avrebbe inviato in un rapporto all’Imperial Regio Aiutante di campo di Francesco Giuseppe uno scritto nel quale descriveva dettagliatamente la ricetta. Molto probabilmente, anche per non creare incidenti diplomatici a livello gastronomico tra i due paesi, si può pensare che le due bistecche siano nate in forma autonoma, quasi in parallelo, senza scopiazzature o imitazioni, in base ad un semplice, sadico disegno del destino. L’importante è che ci siano entrambe e che soprattutto si possa abbinare loro un vino adatto.
Restando in campo italiano sono ideali vini rossi equilibrati, di buon corpo e stoffa, eleganti, non eccessivamente invecchiati: valpolicella, chianti classico, merlot del Collio o il nostro locale e intramontabile Rosso Oltrepò a base di uva croatina, barbera e uva rara.