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I Santuari del Gusto


Un viaggio in Provincia di Pavia alla scoperta dei suoi tesori storici ed enogastronomici.

Nel mondo moderno, sempre più preso da “frenesie” e “novità”, i prodotti agroalimentari ed in particolare quelli tipici si sono ritagliati uno spazio importante. Per questo la valorizzazione del patrimonio agroalimentare è una delle vere ricchezze italiane. Cibo e vino sono l’espressione culturale di un territorio: in cucina c’è storia, tradizione, civiltà. In questo libro Carlo Aguzzi ci guida in un percorso che, partendo dalla storia di un paese, ci porterà ad assaporare i piatti ed sapori di un tempo, per guidarci verso i “santuari del gusto”.

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Angelo e noialtri di Orzoni, il nuovo libro di Ercole Bongiorni


Un borgo rurale negli anni 50 del XX secolo

Gli anni 50 del secolo scorso, sono stati come un ponte fra due epoche, quella della civiltà contadina che stava declinando e quella dell’Italia del cosiddetto miracolo economico. Ercole Bongiorni ci fa rivivere tale periodo attraverso i suoi ricordi e le sue testimonianze di quando, fanciullo, era vissuto agli Orzoni, piccolo borgo rurale isolato e posto in un triangolo di pianura con ai vertici Stradella, Portalbera e Arena Po. Al centro della narrazione troviamo Angelo, un giovane mentalmente fragile, attorno al quale ruotano luoghi, fatti, tradizioni e soprattutto persone che, come scrive l’autore, sono state “rubinetti di etica e umanità”.

Preordinabile da oggi presso Publicenterweb . Chiama lo 0385245130 per maggiori informazioni.

IL FORMAI DE MUT

A cura di Sommelier Carlo Aguzzi 



Il termine “formai de mut” si potrebbe tradurre letteralmente  “formaggio di monte” ma le  espressioni dialettali dei mandriani dell’Alte val Brembana come  “ndà al mut” (andare in alpeggio) o “cargà ‘l mut” (condurre il bestiame in alpeggio) significano portare le vacche negli alpeggi collocati tra i 1300 e 2500 metri di quota. 
Del Formai de Mut si parla fin dall’antichità nei documenti in cui erano stabilite le modalità di affitto e di vendita del pascolo, in epoche in cui i pagamenti erano concordati in pesi di formaggio. 
A rendere prezioso questo formaggio è soprattutto la rarità in quanto prodotto in una zona molto suggestiva ma purtroppo mal collegata con il resto della regione: trovarlo al di fuori della zona di origine è impresa ardua. 
Il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana dop si ottiene dal latte prodotto dalle vacche di razza bruna alpina , allevate in zona con cura quasi maniacale e nutrite con le erbe dei pascoli alpini che costituiscono il vero segreto del sapore di questo formaggio. Il latte così prodotto presenta caratteristiche ideali per la caseificazione. Viene lavorato in estate nei caselli o casere, baite attrezzate per il ricovero dei mandriani e per la lavorazione e la prima stagionatura dei formaggi. Al termine della stagione questi vengono trasferiti negli appositi locali di stagionatura a fondo valle.
La versione del formaggio d’alpeggio, prodotta solamente durante il periodo estivo con il latte crudo e contrassegnata con il marchio di colore blu, oltre alla dolcezza tipica dei formaggi da latte intero, regala quelle sensazioni vegetali che ricordano sentori floreali dei pascoli di alta montagna. Il marchio in rosso contraddistingue il Formai de Mut prodotto in caseificio,  nel periodo invernale: mantiene le stesse sensazioni gusto-olfattive del formaggio d’alpeggio anche se in forma meno decisa. Ogni forma ha un peso variabile tra gli 8 e i 12 chilogrammi.
Il formaggio, in entrambe le versioni,  ha crosta sottile, compatta, di colore giallo paglierino tendente al grigio con la stagionatura. La pasta color avorio è compatta, elastica, con sentori floreali ma anche fruttati che in certi casi ricordano note di frutta secca e addirittura l’ananas. L’occhiatura cosiddetta ad “occhio di pernice” è diffusa in modo non eccessivo e con diametro medio. Il sapore è delicato, fragrante, non piccante, dall’aroma caratteristico, con buona elasticità e notevole solubilità. 
Se stagionato, sui sei mesi, è un ottimo formaggio da tavola mentre se la stagionatura è più breve può essere utilizzato anche nei tradizionali piatti di montagna come con la polenta o impiegato nelle ricette della nuova gastronomia. 

Per quanto riguarda il vino l’accostamento preferibile è con un vino rosso di medio corpo come il Valcalepio Rosso, il Botticino, il barbera fermo dell’Oltrepò pavese.  

Scarica il numero 6 di cercAAffari

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Voucher asilo nido


A cura della dott.sa Marina Merlini



Continua l’impegno del Governo nel promuovere politiche per la famiglia e con la nuova Legge di Stabilità per il 2017 è in arrivo un nuovo Bonus bebè, che conferma le vecchie agevolazioni e ne introduce di nuove estese a tutti i nuovi nati nel corso del 2016 e 2017. In totale le risorse stanziate nel pacchetto famiglia della Legge di Stabilità 2017 ammontano a 600 milioni di euro per il 2017 e 700 milioni per il 2018.
Arriva con un avviso dell'INPS la notizia della proroga per la presentazione della domanda del beneficio di maternità “Voucher asilo nido 2017-2018” prevista dalla Legge di Stabilità 2017 (art.1, comma 356 della Legge n. 232/2016) per le lavoratrici autonome per l’acquisto dei servizi per l’infanzia. Pubblicate dall'Istituto anche le istruzioni per la presentazione della domanda di accesso al beneficio di cui all’art. 4, comma 24, lett. b) della legge 92/2012 (Legge Fornero)...
Entrando nel dettaglio delle misure previste, nella Legge di Bilancio, il comma 1 dell’articolo 48 attribuisce un premio alla nascita di 800 euro che può essere chiesto dalla futura madre all’INPS al compimento del settimo mese di gravidanza. Si tratta del cosiddetto “Bonus Mamma Domani” destinato a tutte le nascite che avverranno nel corso del 2017 ed erogato, in unica soluzione dall’INPS, anche prima della nascita per aiutare le famiglie a far fronte alle spese della gravidanza o dell’adozione.
Il bonus non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del D.P.R. n. 917/1986 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi). Nel testo della Legge di Stabilità 2017 non viene previsto il vincolo di reddito ISEE.
Ad estendere questa possibilità, per l’anno 2016, anche alle lavoratrici autonome o imprenditrici, nel limite di spesa di 2 milioni di euro è stata la Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 283, della legge 208/2015).
Con la Legge di Stabilità 2017 il beneficio viene prorogato anche per il biennio 2017-2018, nel limite di 10 milioni di euro per ciascuno dei due anni (art.1, comma 357 della legge n. 232/2016).
In generale il beneficio è fruibile dalle lavoratrici dipendenti o parasubordinate e alle lavoratrici autonome iscritte alla Gestione Separata come alternativa al diritto di congedo parentale. Nel caso in cui la lavoratrice abbia già usufruito in parte del congedo parentale, può chiedere il voucher per un numero di mesi pari al congedo non ancora utilizzato. In caso di lavoratrici in part-time, il contributo verrà proporzionato all’orario di lavoro
Fonte: PMI.it/conciliazione-lavoro-famiglia

CercAAffari #02 anno 2017

Scarica cercAAffari n 02



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BITTO

A cura di Cav. Carlo Aguzzi Sommelier



La Valtellina e la Valchiavenna costituiscono la più vasta zona alpina della Lombardia. Zona montana, caratterizzata da un ambiente naturale severo e poco favorevole alle attività umane. Il paesaggio degli alpeggi, posto al di sopra del limiti del bosco, è invece il regno della attività pastorale, dell’allevamento bovino e della produzione di insaccati e golosità casearie. Di queste ultime il bitto ne è l’espressione più eloquente, il “formaggio di punta” della zona. Va subito detto che è un nobile formaggio grasso, a pasta cotta, di consistenza semidura o dura, che viene prodotto con latte vaccino di vacche a razza bruna ed eventualmente miscelato con una piccola quantità di latte caprino, fino ad un massimo di un 10%. Il bitto nasce sui pascoli estivi: il latte, appena munto viene lavorato nei “calecc”, ricoveri di pietra sprovvisti di tetto che vengono all’occorrenza coperti con un telo. Sembra che questo formaggio prenda il nome del torrente bitto che, percorrendo l’omonima valle, si getta nell’Adda presso il comune di Morbegno. La valle del bitto è divisa in due rami: Gérola e Albaredo, conosciuta dai Romani per le miniere di ferro. La tecnica di lavorazione del bitto si perde nella notte dei tempi. Si fa risalire l’antica tecnica di lavorazione addirittura ai Celti, cacciati dai Romani dalla Pianura Padana e rifugiatisi in questa zona. La parola Bitto pare derivi dal celtico “Bitu” , perenne, nome che dà origine anche al torrente che percorre l’omonima valle  e che si getta nell’Adda all’altezza del comune di Morbegno. I primi documenti scritti risalgono solo all’inizio del 1600. E’ certo che già molti secoli prima un formaggio del tutto simile veniva utilizzato come moneta per pagare l’affitto stagionale dei pascoli. Nel “calecc”, baita di lavorazione non fissa, costituita da un muretto a secco con un tetto in telo, viene posta la caldaia in rame utilizzata per produrre il formaggio. Ad occuparsi di ciò è il “caricatore” più anziano ed esperto (l’uomo a cui viene affidata la cura delle vacche in alpeggio). La cura delle forme avviene totalmente a mano e prevede la tecnica della salatura a secco mediante la distribuzione di sale da cucina  a intervalli di 2 – 3 giorni per circa tre settimane. Il peso di ogni forma varia tra gli 8 e 25 kg. La stagionatura avviene in appositi locali – dette casere – situate al centro di zone di pascolo, dove rimangono a stagionare su assi di legno per qualche mese. La stagionatura media dura da due a sei mesi mentre quella lunga dura da uno a tre anni, toccando punti anche di otto anni.  Ogni anno alla tradizionale fiera di Morbegno, che si tiene in ottobre, vengono esposti formaggi prodotti durante l’asta: è una festa di colori e profumi. Analizzando il bitto troviamo che la crosta è sottile, di colore paglierino, il sapore è dolce e burroso e richiama gli aromi delle erbe alpine. Con l’invecchiamento la pasta diventa più compatta, il colore giallo oro ed il sapore più forte ed aromatico. Il bitto giovane viene utilizzato come ingrediente in piatti tipici locali (polenta taragna, pizzocheri, sciatt). Le forme più invecchiate sono utilizzate come formaggio da grattugiare.  Essendo un formaggio dotato di aroma spiccato va accompagnato da vini rossi prodotti nella valle, come il Valtellina superiore: per esempio l’Inferno dell’az. AR.Pe.Pe, a base di uve nebbiolo, chiamate in loco Chiavennasca. Vino dal colore rosso granato scarico all’olfatto sprigiona un bouquet che spazia dalle note balsamiche alla confettura di prugne. Al gusto risulta pulito, caldo, equilibrato, con una piacevole sensazione di mandorla dolce. Per restare in  Provincia di Pavia possiamo accostare al bitto il Buttafuoco Vigna del Corno, dell’Az. Giorgi. Vino rosso dal colore rubino carico al naso si percepiscono toni fruttati, di confettura e, nel finale , note di cioccolato. Ha gusto piene, morbido e di grande consistenza.   

2016 capodanno cinese Festa di Primavera. L’anno della scimmia.

La Festa di Primavera, nota in Italia e in tutti i paesi occidentali come capodanno cinese, è per la Cina la festività annuale più importante, paragonabile alle nostre festività natalizie. Questo periodo di festa che dura fino a 15 giorni (a partire dalla fine dell’anno lunare e fino alla Festa delle Lanterne) cade tra fine gennaio e fine febbraio a seconda dei cicli del calendario lunare (謳저-Xiàlì) e più precisamente il quindicesimo giorno del primo mese lunare. Lo zodiaco cinese  assegna un animale per ogni anno, con un ciclo dodecennale, quest’anno, che ha inizio l’8 Febbraio 2016 e terminerà il 28 Gennaio 2017,  l’animale di riferimento è la scimmia associata ad un elemento che cambia ogni anno (5 sono gli elementi naturali identificati dall’astrologia cinese: Acqua, Metallo, Fuoco, Terra e Legno) per il 2016 si tratta della scimmia di fuoco, questi due simboli concorrono a determinare il carattere delle persone. Secondo l’astrologia cinese le persone che nascono sotto questo segno sono dotati di intelligenza naturale, prendono decisioni più giuste, sono affidabili, ospitali, oneste nei rapporti con la gente e creativi. Il primo giorno del calendario lunare festeggiato dai cinesi, prende il nome di Chūn Jié  (뉴쌘) Festa di Primavera, mentre il primo gennaio del calendario Gregoriano, basato sul ciclo del sole, introdotto in Cina il primo gennaio del 1912 si chiama Yuándàn (禱뎀, ‘prima alba’). Il 7 febbraio è la vigilia del capodanno cinese si trascorre in casa per cenare assieme a tutta la famiglia, generalmente il sostanzioso banchetto è a base di pesce! La casa viene addobbata con decori rossi e fiori freschi dal valore simbolico, si pulisce la casa dallo sporco dell’anno passato per fare posto alla felicità ed alla buona sorte (fú ) che viene con il nuovo anno. I 15 giorni della celebrazione corrispondono ad un momento dell’anno di riunione delle famiglie, ognuno con delle proprie specifiche ritualità, si va da momenti religiosi dedicate alle divinità propiziatorie alla “Danza del Leone”, dall’ assaporare piatti tipici all’usanza di recarsi in visita ad amici e parenti. L’ultimo giorno dei festeggiamenti culmina con la “Festa delle Lanterne”: tutti escono in strada con lanterne coloratissime mentre il cielo si illumina con grandiosi fuochi d’artificio.




Il matrimonio di una volta


Usi, costumi, modi di dire



Le nozze fra due giovani erano un momento di festa per tutta una comunità rurale. Non solo la cerimonia nuziale in sè, ma anche la consegna della dote, il corteo degli sposi con il contorno di invitati attraverso il villaggio rappresentavano tipiche manifestazioni di partecipazione e di folklore popolare. Il libro di Ercole Bongiorni descrive minuziosamente tutto questo, analizza poi le varie fasi del matrimonio del passato, l’incontro fra un giovanotto e una ragazza, il fidanzamento, le nozze e il relativo pranzo nuziale, i primi tempi di avvio della nuova famiglia. Tradizioni, usanze e superstizioni si susseguono. 
Personaggi caratteristici, ad esempio il sensale di matrimonio, sono mirabilmente raccontati. Emergono quadretti di quotidiana vita contadina, in chiave ironica ma sempre narrati con grande rispetto. Un sapiente utilizzo delle forme dialettali, comunque comprensibili poiché sempre tradotte in italiano, permette di indagare le credenze e la psicologia di un mondo ormai tramontato, che tuttavia ha forse ancora qualcosa da insegnare alle nuove generazioni.

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Il popolo dei Sapori

Riflessioni, ricordi, curiosità  e abbinamenti attraverso un bicchiere di vino...non solo pavese



Dalla penna di Carlo Aguzzi, grandissimo sommelier e conoscitore del mondo enogastronomico in generale, nasce “Il popolo dei sapori”, il primo libro del nostro storico collaboratore. Un lavoro carico di riflessioni, ricordi, curiosità e abbinamenti attraverso un bicchiere di vino... non solo pavese. Un modo originale per parlare di gastronomia attraverso una serie di considerazioni, racconti, novelle e approfondimenti, il tutto rigorosamente accompagnato dal vino migliore per l’occasione migliore. Il libro, tutto a colori con tante fotografie è edito da Edizioni Publicenter .


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Golosità natalizie

Articolo scritta da Carlo Aguzzi Sommelier



Ognuno di noi conserva nel cuore la sua “immagine” del Natale. Per qualcuno è il profumo del brodo per i ravioli che si spandeva per la casa, per qualcun altro è il ricordo delle luci intermittenti utilizzate per illuminare le casette del presepe o dell’albero, per altri ancora è il fremito che si prova nello scartare le carte colorate dei regali…
Gli “odori” dell’infanzia sono quelli che ci ritornano con maggior frequenza alla mente: ricordo il profumo della buccia del mandarino gettata sul piano di ghisa della stufa a legna, il piacevole sentore dolciastro dei torroncini ricoperti di cioccolato… ormai si sono perse un po’ le tradizioni ma è curioso come in tutto il mondo sia ancora consuetudine regala re dolci e leccornie ai bambini.
In Spagna si usa distribuire torroni alla frutta, marzapane e sciroppo, coloratissimi e personalizzati; in Inghilterra ci si appresta per tempo alla preparazione del pudding, piato decisamente pesante in quanto costituito da farina, latte, uova strutto di maiale, frutta secca, melassa, miele, cannella, uva passa, brandy e servito con panna o crema calda alla vaniglia! In Germania si festeggia con il Gebilabrot, un pane biscottato a forma di personaggi reali (generalmente santi) o appartenenti al mondo delle fiabe. In Francia si usa consumare il Buche de Noel, un incrocio tra il tronchetto di Natale al cioccolato ed un biscotto, mentre in Scandinavia si gustano biscotti allo zenzero, dalle forme più disparate. In Olanda vige una curiosa tradizione: ai bimbi si regalano dolcetti di marzapane con le forme delle lettere iniziali dei loro nomi, oppure a forma di cavallo o di nave, da “pescare” nel sacco del “Vecchio in rosso”. L’arrivo del Natale in Grecia è preceduto da dolci al miele, di antichissima tradizione, o di scuri biscotti al miele e profumati all’arancia.
In qualità di sommelier mi si pone sempre il solito problema: quale vino si può accostare a tutti questi dolci, destinati ai piccoli ma apprezzati anche dai grandi? Premesso che ai bimbi il vino non va dato (per loro una spremuta di arancia o un succo di frutta sono più idonei), a coloro che hanno raggiunto la maggior età si può abbinare ai dolci il classico vino delle feste di fine anno, come il moscato, fresco, fragrante, ampio nei suoi profumi citrini e di mela, decisamente dolce. Personalmente adoro il moscato a fermentazione naturale come quello di Volpara ma, poiché in tempo di festeggiamenti è quasi d’obbligo fare il “botto”,  con il tappo che danza gioiosamente nell’aria, possiamo optare per un moscato spumante. Con i dolcetti a base di miele e cioccolato andrà bene il moscato passito, dai sentori più composti ed evoluti, che richiamano i frutti tropicali, l’albicocca ed il miele. In sua assenza scegliamo un passito di Pantelleria o comunque un vino liquoroso.
L’importante è trascorrere il Natale in serenità, accanto alle persone che ci sono più care, magari ripetendo i gesti lenti dei nostri nonni, intenti ad intingere un poco di panettone nel moscato!

Buone Feste e tanta gioia a tutti Voi!           

Qualche idea per un albero di Natale fuori dagli schemi


Articolo di Marta Giorgi

Il Natale è vicinissimo, quindi vi proponiamo qualche spunto per decorare il vostro albero in modo originale e creativo



Il Natale è ormai alle porte ed anche quest’anno le case, le strade e le vetrine si trasformano grazie a luci e decorazioni. Il protagonista è sicuramente l’albero di Natale, capace di creare un’atmosfera davvero unica. Esistono svariate soluzioni per addobbarlo: si può optare per le classiche palline colorate, magari accostando rosso e oro o blu e argento, ma anche per qualcosa di più originale e bizzarro. A questo proposito, vediamo qualche soluzione simpatica e low cost: 
• Origami colorati, magari riprendendo forme natalizie come la stella o il cappello di Babbo Natale
• Caramelle e biscotti da gustare in famiglia il giorno di Natale
• Tappi di sughero colorati
• Bottoni, nastri e fiocchi di vario genere
• Piccoli pacchi regalo realizzati con scatolette riciclate
• Conchiglie raccolte durante il periodo estivo
• Fette di arancia seccate e aromatizzate con cannella (questi originalissimi addobbi profumeranno la vostra casa con una gradevole fragranza)
• Cialde di caffè riciclate
• Disegni e fotografie
• mAddobbi realizzati con pasta di sale o pasta di zucchero
• Per i più bravi con ago e filo, palline e formine natalizie di feltro
• mIn diversi fai da te sono in commercio addobbi di polistirolo da dipingere e decorare con carta velina, fili dorati ed argentati e brillantini
Insomma, le idee per decorare il nostro albero sono davvero tante, per tutti i gusti e tutte le tasche. Non ci resta che scegliere, dando libero sfogo alla fantasia ed alla creatività, quindi… Buoni addobbi e buone feste!!
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