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LO STRESS: Eustress e distress

A cura del Dott. Luigi Casiraghi

Lo stress può essere di due tipi: eustress (eu: in greco, buono, bello) o distress (dis: cattivo, morboso). L’eustress, o stress buono, è quello indispensabile alla vita, che si manifesta sotto forma di stimolazioni ambientali costruttive e interessanti.


 Un esempio può essere una promozione lavorativa, la quale attribuisce maggiori responsabilità, ma anche crescenti soddisfazioni. Il distress è invece lo stress cattivo, quello che provoca grossi scompensi emotivi e fisici difficilmente risolvibili. Un esempio può essere un licenziamento inaspettato, oppure un intervento chirurgico. Ognuno di noi risponde agli eventi stressanti in modo diverso, questo perché ogni persona fa esperienze diverse e fa proprie strategie interpretative e di pensiero diverse.
Inoltre, un ruolo fondamentale nell’interpretazione degli eventi, sia interni sia esterni, spetta all’apprendimento. Noi impariamo a comportarci in un certo modo di fronte a certi stimoli e questi meccanismi di apprendimento agiscono in modo automatico, al di fuori della nostra consapevolezza. Le nostre stesse valutazioni personali degli eventi e delle cose subiscono l’effetto dell’apprendimento e una volta consolidatesi funzionano in modo relativamente autonomo. Gli schemi comportamentali e di pensiero hanno la funzione di farci risparmiare energia sia fisica sia mentale; infatti, si basano su esperienze precedenti già elaborate, facilmente rievocabili.
Nel sentire comune il termine stress è utilizzato nelle più svariate situazioni. E, il più delle volte, è riferito a stati d’animo soggettivi. Il primo passo da compiere, a nostro avviso, per fare un po’ di chiarezza, è quello di distinguere le definizioni generali sia dalle percezioni soggettive, sia da specifiche situazioni sociali. Ovviamente, tutto ciò serve per analizzare nel dettaglio ogni singolo aspetto, ma è ormai riconosciuto dalla comunità scientifica e dagli addetti ai lavori che l’interazione di diversi fattori (individuali, sociali, ambientali in genere) contribuisce a creare una situazione di stress in parte adattiva.
Parlare di stress è sempre e comunque un rischio. Il rischio è di dare per scontato che, trattandosi di qualcosa che sentiamo presente nelle nostre vite quotidiane, sia del tutto inutile parlarne. Per noi, proprio per gli stessi motivi, invece, diventa fondamentale non sottovalutare l’impatto dello stress sulla nostra vita. Perché se nella sua accezione positiva, lo stress è una risposta adattiva alle richieste dell’ambiente, è anche vero che non siamo per nulla abituati a percepire quando la “misura è colma”, se non quando oramai è troppo tardi. Per comprendere meglio quest’ultima affermazione, prendiamo un’evidenza soggettiva riferita a tutt’altro: la qualità dell’aria. Se provate a vivere per due settimane consecutive in alta montagna (ci rivolgiamo a tutti quelli che vivono tutto il resto dell’anno in città medio - grandi), forse non vi accorgerete che il vostro olfatto si sta modificando e neanche che il vostro organismo sta apprezzando una migliore qualità dell’aria. Dopo due settimane scendete a valle, anche solo su una strada trafficata, scendete dalla vostra auto e noterete come il vostro olfatto sentirà immediatamente la differenza! Per poco, ovviamente. Perché il nostro cervello conosce bene lo smog e quindi, suo malgrado, lo reputa respirabile. La prima sensazione di disgusto nel passaggio tra due diverse qualità dell’aria è un potente messaggio: l’organismo si adatta all’ambiente, anche se l’ambiente lo disgusta e/o lo danneggia. In questo caso il danno è talmente diluito nel tempo che finiamo per non percepirlo più come danno! Ecco perché parlare di stress significa mettere sotto osservazione stimoli e situazioni potenzialmente dannose, non solo dal punto di vista soggettivo, ma soprattutto dal punto di vista delle evidenze scientifiche, nazionali e internazionali. Perché quando si arriva alla soggettività, il danno è già stato fatto!
La risposta di stress si manifesta in tre fasi; nella prima fase, definita fase di allarme, lo stressor suscita nell’organismo un senso di allerta, definito arousal, con conseguente attivazione dei processi psicofisiologici (aumento del battito cardiaco, iperventilazione ecc.). Dopodiché, nella fase di resistenza, l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici fisiologici tendono a normalizzarsi, anche se lo sforzo attuato è molto intenso.
Nel caso in cui l’adattamento non sia sufficiente, si arriva alla terza fase, la fase dell’esaurimento, in cui l’organismo non riesce più a difendersi e la naturale capacità di adattamento viene a mancare. Quest’ultima fase è la più pericolosa, perché l’esposizione prolungata a una situazione di stress può provocare l’insorgenza di patologie sia fisiche che psichiche (vedi disturbi d’ansia).
In particolare, lo stress cronico attiva un circuito composto di strutture cerebrali e da una ghiandola endocrina (asse ipotalamo-ipofisi-surrene), il surrene, il quale aumenta la secrezione di cortisolo. Quest’ormone, anche conosciuto come ormone dello stress, se presente in quantità superiori alla norma provoca vari disturbi.
Tra i sintomi più frequenti dello stress ricordiamo: frequente sensazione di stanchezza generale, accelerazione del battito cardiaco, difficoltà di concentrazione, attacchi di panico, crisi di pianto, depressione, frustrazione, attacchi di ansia, disturbi del sonno, dolori muscolari, ulcera dello stomaco, diarrea, crampi allo stomaco, colite, malfunzionamento della tiroide, facilità ad ammalarsi, difficoltà a esprimersi e a trovare un vocabolo conosciuto, sensazione di noia nei confronti di ogni situazione, frequente bisogno di urinare, cambio della voce, iperattività, confusione mentale, irritabilità, abbassamento delle difese immunitarie, diabete, ipertensione, cefalea, ulcera.
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