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GHIAIE DELLA FURBA

A cura di Carlo Aguzzi Sommelier



Sera d’agosto, sono solo in casa: parenti, amici, vicini di casa sono tutti partiti per le ferie. Non mi lamento: è una fresca serata grazie al temporale pomeridiano che ha abbassato la sensazione di afa dei giorni scorsi. Finalmente mi potrò godere quel libro di Mino Milani che acquistai tempo fa e che, a causa degli impegni di lavoro, dovetti abbandonare sul ripiano della libreria. Prima , però, mi cucinerò una bella tagliata: un poco di carne e, come contorno, qualche fettina di pomodoro dell’orto condita con basilico fresco, olio delle colline senesi ed una goccia di aceto balsamico. Manca solo il vino. Scendo in cantina: un buon bicchiere di rosso è quasi d’obbligo: sono indeciso se “prelevare” un buon pinot nero delle nostre colline o un dolcetto di Alba. Ma dal fondo più buio dello scaffale mi fa l’occhiolino una bottiglia, coricata ed impolverata quanto basta per farmi ricordare che è lì da tempo. La guardo con curiosità: vino toscano, Ghiaie della Furba 1985. La cosa mi incuriosisce. Sarà ancora buona? Il tappo avrà tenuto? Non c’è che un sistema per saperlo: assaggiarla. Mentre porto il vino in cucina, facendo attenzione a non smuoverla troppo, ripasso mentalmente le nozioni sull’azienda che lo produce. Tenuta di Capezzagna, in quel di Carmignano, una ventina di chilometri da Firenze. Mi sembra di ricordare una grande villa medicea, con annesso borgo rurale che si affaccia sulle rive dell’Arno.
Siamo giunti al rito della stappatura. Preparo il bicchiere da vino rosso, grande e di buone dimensioni. Stappo lentamente, con attenzione. Il tappo non si sbriciola, anzi è perfettamente integro. Lo porto al naso. Nessun cattivo odore. L’inizio è promettente. Verso con cura nel bicchiere: il colore è un rosso rubino scarico, con riflessi aranciati. Non si notano impurità. E’ il momento dell’esame olfattivo. Non nascondo una certa trepidazione. Roteo il bicchiere per far ossigenare il vino e lo porto al naso: pulito, anche se ancora un poco chiuso nei profumi. Aspetto qualche minuto e piano piano questi si sprigionano: dapprima un sentore di legno, poi di liquerizia ed infine, molto sfumati, sensazioni di fieno e di peperone. L’assaggio è quello che dà maggior soddisfazione: morbido, lineare, pulito. Anche se non più di grande spessore e concentrazione è tuttavia un vino pieno, abbastanza persistente. Non posso pretendere di più: in fin dei conti ha quasi 30 anni…
Cinque minuti per preparare la tagliata e poi sarà un piacere sedersi a tavola. Questo vino sarà un ottimo compagno. Un attacco alla bistecca, uno al bicchiere di vino e poi l’assalto finale al libro di Mino Milani che, come titolo, è tutto un programma:   “la guerra sia con me”. Ed io di battaglie  - a tavola – me ne intendo…
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