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EVVIVA L’INFERNO

A cura di Carlo Cav. Aguzzi Sommelier



Vi prego, non credetemi un peccatore gaudente! Quando parlo dell’Inferno mi riferisco semplicemente ad uno dei vini della Valtellina. La viticultura Valtellinese è caratterizzata dalle montagne e dal clima. Il versante settentrionale è sempre soleggiato nel corso dell’anno, mentre le precipitazioni sono modeste: le montagne tutt’attorno difendono le zone dai venti  provenienti dal nord, mentre il gruppo dell’Adamello le protegge dai venti umidi provenienti dal sud. Inoltre un leggero venticello – la breva – proveniente da est, verso il lago di Como, forma una corrente d’aria tiepida che favorisce l’impollinazione e prosciuga il terreno ed i grappoli dall’umidità, rendendo le piante più resistenti agli attacchi dei parassiti.
L’Inferno è così chiamato per via delle elevate temperature raggiunte sui terrazzamenti in cui vengono coltivate le uve: temperature che, portando a perfetta maturazione gli acini, conferiscono forza al vino. L’uva è la Chiavennasca, denominazione locale del nebbiolo, presente fin dai tempi dei romani o, secondo altre fonti, portata in valle grazie ai monaci vissuti nel medioevo.
La vendemmia è particolare: i grappoli vengono messi in gerle coniche – i portini – e trasferiti a spalla lungo sentieri e scalette che collegano le varie terrazze, fino ad essere depositate sui carri posti a fondo valle. Talvolta appositi contenitori in plastica, nei quali viene adagiata l’uva, sono appesi ad una teleferica che li trasporta a valle. Si tratta della sottozona più impervia della Doc Valtellina.
Il vino è forse più conosciuto in Svizzera che non ne resto d’ Italia. Ciò è dovuto a fattori storici, oltre che geografici, per via della vicinanza con il confine elvetico. La Valtellina fu alleata delle leghe grigionesi per un periodo storico che va dal 1513 al 1815.
L’Inferno è un vino ruvido che si ammorbidisce con l’invecchiamento. Il suo colore generalmente è un rosso rubino che, con il passare del tempo, tende ad assumere sfumature aranciate. Al naso si captano sentori di vaniglia , nocciola, rosa appassita e viola mentre al gusto risulta leggermente tannico, di buon corpo , austero, vellutato con fondo di mandorla tostata.
Viene abbinato localmente ai pizzocheri ma non lo trovo un accostamento ideale: l’ampiezza aromatica del piatto richiederebbe un vino meno corposo. Lo trovo ottimo invece con le lasagne al forno, con la pasta all’uovo condita con sugo di selvaggina. Si accompagna mirabilmente con le carni bianche, magari cotte con una salsa al vino rosso. L’Inferno è perfetto con l‘ossobuco, con il filetto di manzo, con il fagiano, con la pernice in umido, con i formaggi stagionati. Come avete capito si tratta di un vino eclettico, adatto a numerose portate ma, soprattutto, perfetto con i grandi piatti della tradizione valtellinese.
Quasi quasi nel prossimo fine settimana faccio un salto a Morbegno: un buon bicchiere di Inferno, un formaggio bitto con almeno cinque anni di stagionatura e   mi sento in paradiso! 
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